Prosecco

Uno dei dubbi più forti e dei punti interrogativi che attanagliano gli amatori, gli appassionati di enologia e i curiosi della materia, è il seguente: “Che cos’è il Prosecco?”. A cosa, precisamente, ci si riferisce quando si parla di Prosecco. E’ innegabile che in questione c’è un nome che chi non possiede una conoscenza solida sull’argomento, tende ad accostare ad un vino: secco, asciutto, o comunque fermo. Ebbene in questa fattispecie faremo chiarezza sulla questione e poggeremo la lente di ingrandimento su uno dei vini che in assoluto simboleggiano meglio l’Italia nel mondo. Siamo nel nord est del Belpaese, in una delle zone più ricche dal punto di vista enologico, a cavallo tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Precisamente, ci spostiamo nei comuni di Conegliano Veneto e Valdobbiadene, sulle cui colline cresce un’uva dalla quale si ricava un vino eccellente. Il nome del vitigno in questione è appunto Prosecco: dalle bacche bianche di queste uve si ricava un vino bianco frizzante e caratterizzato da un residuo zuccherino particolarmente basso. La maggior parte delle bottiglie di prosecco riportano sull’etichetta la scritta “Dry” o “Extra-Dry”. Dal punto di vista strettamente geografico, ... continua

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      prosegui ... , la roccaforte della produzione di prosecco – un vino che beneficia della denominazione DOCG – è composta da 15 comuni differenti, compresi prevalentemente tra Valdobbiadene e Vittorio Veneto. Li citiamo tutti per precisione: Conegliano, Susegana, San Vendemiano, San Pietro di Feletto, Miane, Follina, Colle Umberto, Cison di Valmarino, Tarzo, Vittorio Veneto, Vidor, Farra di Soligo, Valdobbiadene, Pieve di Soligo e Refrontolo. Oltre alle zone di produzione, la legge stabilisce esattamente anche i vitigni con i quali è consentito produrlo. Alle già menzionate uve Prosecco, che vanno naturalmente per la maggiore, bisogna unire altre specie, utilizzate in maniera meno frequente: è il caso della Bianchetta Trevigiana, del Verdiso, della Perera e della Glera Lunga. Quando si parla di Prosecco si fa riferimento ad un vino estremamente apprezzato a livello nazionale, specie per il suo retrogusto amarognolo che lo rende adatto agli utilizzi più vari. Un buon calice di prosecco può accompagnare piatti a base di pesce, formaggi, carni bianche, ma possiamo senza ombra di dubbio conferire a questa specialità il titolo di “Re dei cocktails”, perché sono tantissimi i bicchieri miscelati che hanno come vino di base proprio il prosecco: le sue bollicine incantano gli occhi e il palato, preparandolo – perché no? – per un lauto pasto. Qualche esempio? Il cocktail Mimosa si prepara con il Prosecco: basta unire 2 misure di vino bello freddo ed una di succo d’arancia, oppure il famosissimo Bellini, a base di Prosecco frizzante e succo e polpa di pesca bianca matura. Chiudiamo con il non meno conosciuto cocktail Tintoretto, ottenuto dalla miscela di vino Prosecco e succo di melograno, e particolarmente apprezzato nella zona del Trevigiano. Dalla lavorazione delle uve Prosecco vedono la luce soprattutto vini bianchi frizzanti, ma dal punto di vista enologico e commerciale, è necessario sottolineare come da queste bacche bianche si ricavino in realtà tre diversi tipi di Prosecco: “Tranquillo”, “Frizzante” e “Spumante”, prodotti che differiscono per l’abbondanza e la persistenza del perlage e per il residuo zuccherino. Uno degli errori da non commettere quando ci si sofferma sul Prosecco è confondere quello di cui stiamo parlando, originario dell’Italia nordorientale, con il Prosecco Dalmata, un vino particolarmente dolce (addirittura annoverabile nella categoria degli sherry) realizzato con l’uva passita. Ciò che divide in maniera sostanziale il Prosecco dallo Champagne e dallo Spumante è il metodo di produzione. Contrariamente alla maggioranza dei casi, per ottenere le bottiglie di Prosecco ci si serve del Metodo Martinotti (noto anche come Metodo Charmat), dal quale si ottengono le versioni Brut, Dry ed Extra-Dry. Lo champenois (o metodo classico) è perfetto per la lavorazione dello champagne e dei vini spumanti classici, e risale addirittura al XVII secolo. Decisamente più recente è l’introduzione nelle tecniche enologiche del metodo messo a punto da Federico Martinotti, direttore dell’Istituto di Enologia di Asti, nel 1895. Si tratta di un sistema basato sulla rifermentazione del vino controllata in grandi recipienti, caratterizzati dalla tenuta stagna e dalla forma simile a quella di un autoclave, e particolarmente adatto per le uve più aromatiche (Brachetto, Moscato, Malvasia e, appunto, Prosecco), che vengono lavorate senza il minimo rischio per le proprietà organolettiche. Il Metodo Martinotti va distinto da quello classico anche per la durata: in questo caso occorrono pochi mesi per ottenere il prodotto finito, in quanto il lungo stazionamento sui lieviti di lavorazione, tipico del metodo champenois, intaccherebbe le peculiarità dei vitigini utilizzati. Il sistema messo a punto da Federico Martinotti è conosciuto anche come metodo Charmat in omaggio all’uomo che nel 1910 costruì e brevettò l’attrezzatura ideata dallo stesso Martinotti: si tratta del francese Eugene Charmat. Uve profumate che diventano vini dai colori tenui, tendenti al paglierino nel caso di bianchi, sapore fresco e gradevole ma poco strutturato: la summa delle bellezze del Prosecco.Una delle ragioni per cui vale la pena visitare il Veneto e il Friuli Venezia-Giulia, ha senz’altro a che vedere con le opportunità gastronomiche offerte dalle terre del Prosecco: ogni anno sono numerosi coloro che accorrono da queste parti per vivere il cosiddetto “Giro delle cantine”, entrare in contatto con la culla del Prosecco e sapere quanto più possibile su una vera e propria specialità dell’enologia italiana. Dislocate tra i 15 comuni menzionati sopra, a cavallo tra le due regioni sorgono centinaia e centinaia di cantine, ma è consigliabile partire da Conegliano o da Valdobbiadene. Proprio qui, nel Borgo Fasol e Menin è aperta la cantina omonima, a conduzione familiare e caratterizzata da una struttura in mattoni e legno: oltre ad offrire degustazioni e tour enologici alla scoperta del Prosecco, la cantina ospita molto spesso eventi culturali e letterari. Nel cuore delle colline di Valdobbiadene è possibile anche visitare le cantine Mionetto, tra le più famose in Italia, oltre che una delle più antiche. Dal 1887, per la famiglia Mionetto il Prosecco è più che un vino una scelta di vita, tramandata di generazione in generazione e portata all’estero con passione e fierezza: è con questo marchio, infatti, che il Prosecco è giunto negli Stati Uniti d’America a fine anni ’90. A Carpesica di Vittorio Veneto, invece, operano le cantine della Viti Tonon, azienda fondata nel 1936 da Pietro Tonon e annoverabile ancora oggi tra le più famose nel panorama nazionale. Scandolera è il nome di un’altra attivissima azienda vinicola, operante a Colbertaldo, nel comprensorio Valdobbiadene-Conegliano. L’impresa gestisce 17 ettari di vigneti sulle colline di Valdobbiadene e vede impegnato praticamente ogni singolo membro della famiglia. Se, giunti quasi al termine di questa lettura vi è venuta voglia di un buon bicchiere di Prosecco, fresco e accompagnato magari da un piacevole stuzzichino, ecco qualche consiglio per godere appieno delle opportunità offerte da questo vino, ed abbinarlo in modo corretto. Il Prosecco dà il meglio di sé quando consumato a 18-24 mesi dall’imbottigliamento, oppure nell’anno successivo alla vendemmia. Se vi siete ricordati di avere da qualche parte una bottiglia di prosecco, sappiate che non dovete conservarla troppo a lungo, per evitare di alterare le caratteristiche organolettiche del prodotto. E soprattutto, tenetela al riparo dalla luce e da fonti di calore. Per quanto concerne il bicchiere, non utilizzate la flute, adatta ai vini spumanti dolci, bensì un calice più ampio, a tulipano, in modo da apprezzare la ricchezza aromatica del vino; la temperatura deve essere piuttosto bassa, compresa tra i 6 e gli 8 gradi. Il capitolo relativo agli abbinamenti non può che avere inizio con l’aperitivo: come abbiamo già visto stiamo parlando di un vino che fa capolino in maniera pressoché fissa negli happy hours dei bar italiani, ma anche europei ed intercontinentali: il Prosecco riscuote un notevole successo anche in metropoli come New York e Tokyo. Tuttavia, oltre che di un vino estremamente gradevole, stiamo parlando di una specialità poco alcolica e soprattutto poco dolce: questo vuol dire che è facile, e tutt’altro che sbagliato, innaffiare con un calice di Prosecco i piatti tipici della cucina locale veneta: quella povera e genuina, semplice e gustosa. Questo vino è perfetto per i risotti ai funghi o alle erbe, ma soprattutto per la selvaggina e le carni bianche, specie se contornate da asparagi o radicchio di Treviso. E se siete ancora convinti che i vini bianchi non siano adatti per accompagnare piatti di carne, dovrete ricredervi: in Italia nordorientale è tutt’altro che infrequente entrare in un ristorante e bere Prosecco sopra un bel piatto di arrosto ai funghi porcini, oppure di spiedo e polenta. Soppressa, salami, prosciutto di San Daniele, sono soltanto alcuni tra i salumi più celebri della tradizione gastronomica veneta: anche in questo caso parliamo di pietanze che vanno volentieri a braccetto con un buon calice di Prosecco fresco; lo stesso dicasi – naturalmente – per i piatti di pesce che in Veneto di certo non mancano. Insomma, un vino poliedrico e sorprendente, adatto per ogni occasione e capace di esaltare i piatti più vari; ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio vanto di quello straordinario universo che è l’enologia italiana.