Vino rosso campania

Dalla vasta area vesuviana al Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, passando per la Piana del Sele e la Costiera Amalfitana, fino a salire nell'estremo nord, varcando le splendide province di Avellino e Benevento, chi si tuffa alla ricerca delle roccaforti della produzione vinicola campana, ha soltanto l'imbarazzo della scelta relativa al punto di punto di partenza e alle fermate più importanti. Non c'è provincia campana che non sia, tra le altre cose, patria di vini eccezionali ed apprezzati a livello internazionale. Non c'è area che non sia identificabile come culla di tradizioni enogastronomiche radicatissime e da difendere strenuamente. Sia per quanto riguarda i bianchi, che i rossi e i rosati, la Campania è annoverabile tra le regioni vinicole più ricche d'Italia: qui il vino è chiamato ad accompagnare piatti che, a ben vedere, ... continua

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      prosegui ... , rendono famosa l'Italia nel mondo. Tra le varie zone di produzione e le differenti etichette, entro i confini regionali si contano ben 23 tra DOC e DOCG, tra cui la maggior parte appartenenti alla categoria dei rossi, decisamente tutta da scoprire. Partiamo da quello che possiamo considerare, senza tema di essere smentiti, il fiore all'occhiello dell'enologia locale: il Taurasi, prodotto in variante classica e riserva, a partire dalla cittadina omonima, poco distante da Avellino. La legge, tra l'altro, regolamenta la produzione di questo vino soltanto ed esclusivamente entro i confini della provincia irpina. Da Sant'Angelo all'Esca a Mirabella Eclano, da Montemiletto a Paternopoli, passando Venticano e San Mango sul Calore: ecco le principali roccaforti di produzione. Il Taurasi è un vino rosso autentico e forte, contraddistinto da un colore rosso rubino che con il trascorrere dell'invecchiamento tende ad assumere note di arancione; ha un odore caratteristico e decisamente gradevole, mentre in bocca presenta un sapore armonico, vellutato e un retrogusto persistente, caro soltanto ai grandi vini rossi. Al pari di gran parte dei vini prodotti nel Meridione, il Taurasi affonda le proprie radici nella storia antica: basti pensare che le prime viti furono piantate addirittura in epoca pre-romana. E' sempre stato prodotto con una percentuale importante di uve Aglianico, importate dalla Grecia, mentre per quanto concerne la denominazione, è cara a Taurasia, un piccolo borgo che gli irpini riuscirono a sottrarre alle truppe romane nell'80 d.C. Stiamo parlando di un vino di pregevole fattura, ottenuto da almeno tre anni di invecchiamento, di cui uno deve essere preferibilmente trascorso in botti di legno di rovere o castagno. La resa delle uve Taurasi non è mai superiore al 70%, in fase di mescita la maggior parte dei produttori è solita unire al vino classico, una certa quantità (variabile tra il 10 e il 20%) di un Taurasi più giovane. Si tratta di una pratica diffusa praticamente in tutta Italia, ma in particolare dall'Abruzzo in giù. Data la zona di produzione, ma anche le caratteristiche organolettiche, questo vino si sposa perfettamente con piatti robusti, a base di carni nobili, ma anche di selvaggina, pollame, brasati, agnello al forno e formaggi a pasta dura e stagionati. Poco lontano da Avellino, su una superficie estesa e tipicamente montana, si trova la provincia di Benevento, altra culla di piatti e bicchieri indimenticabili. Qui la legge consente, tra le altre, la produzione dell'Aglianico del Taburno, variante vinicola campana ottenuta con quello che senza ombra di dubbio possiamo considerare il vitigno più importante dell'Italia del Sud. Nelle province di Avellino e Benevento, quindi nel Vulture, in Basilicata, le uve Aglianico hanno attecchito in maniera formidabile, generando vini di pregevole fattura, oggi conosciuti ed apprezzati a livello mondiale. Stiamo parlando di un vino DOC caratterizzato da un colore rosso intenso tendente ad uno splendido granato con l'invecchiamento: vanta un odore fruttato ed un'estrema gradevolezza. Contrariamente a gran parte dei rossi italiani, l'Aglianico è beverino e presenta una eccellente freschezza gustativa. Accompagna bene piatti di carne, ma è ancora più adatto per innaffiare i piatti semplici tipici della tradizione mediterranea. L'Aglianico del Taburno rappresenta il fiore all'occhiello per le aziende vinicole della regione, che per l'eccellenza raggiunta in questa produzione, ma anche in quelle di Rosato Taburno Falanghina e Sannio Fiano, si sono fregiate del bollino Premio Douja d'Or 2011, concorso per vini DOC e DOCG italiani organizzato dalla Camera di Commercio di Asti.

      La terza provincia che prenderemo in considerazione parlando dei maggiori rossi prodotti in Campania, è quella di Salerno, la più vasta di tutta la regione, la più varia a livello paesaggistico, e la seconda sotto il profilo della produzione enogastronomica. In particolare, guardiamo da vicino un vino prodotto in quella perla marinara che è la Costiera Amalfitana. Si tratta di un territorio estremamente particolare: ad ammirarlo da lontano, ci si chiede come sia possibile coltivare viti e produrre vino su un terreno così scosceso e pendente: la risposta risiede esattamente nella laboriosità dei contadini locali, che sono riusciti ad organizzare coltivazioni in terrazzamento: di uva, ma anche di limoni, pomodori ed alberi da frutta. Il Costa d'Amalfi viene prodotto su un'area comprendente ben 13 comuni: da Furore a Ravello, a Tramonti, tanto per citare quelli più importanti. Molti vigneti sono stati letteralmente rubati alle rocce e si estendono su aree difficili da raggiungere: qui il profumo delle terrazze di limoni e delle piante tipiche della Macchia mediterranea si mescolano alla brezza marina e a tutto il meglio che le acque del Golfo portano, dando alla luce vini unici in Italia. Si parte dai vitigni tradizionali, quali Aglianico e Piedirosso, per arrivare ai vitigni autoctoni minori, come la Ginestra, la Biancazita e la Pepella. Il Costa d'Amalfi rosso è un vino caratterizzato principalmente da un odoro vinoso e lievemente tannico; ha un colore rosso vivace tendente al rubino con l'invecchiamento. Presenta un sapore asciutto e mediamente corposo ed è ottenuto da uve Piedirosso (in dialetto napoletano “Per 'e palumm”) e Sciascinoso, e la gradazione alcolica difficilmente tocca gli 11 gradi. E' perfetto per accompagnare i piatti tipici della zona in cui viene prodotto: ad esempio, provatelo sulle braciole di maiale, ma anche sulle carni bianche in umido, piuttosto che su primi gustosi, quali le pappardelle al sugo di coniglio e i celebri “maccheroni lardiati”. In Campania la varietà dei paesaggi naturali di cui è possibile godere, procede di pari passo con la ricchezza di un'offerta vinicola apprezzata fin dai tempi degli Antichi Romani. Non è un mistero, del resto, che gli imperatori adoravano inebriarsi del vino prodotto proprio in quella che ritenevano la terra più fertile d'Italia (da cui l'appellativo di Campania Felix). Qui si produce vino fin dal XIII secolo a.C., per cui se la produzione vitivinicola mondiale ha potuto svilupparsi a livello nazionale ed internazionale, parte del merito va riconosciuta ai contadini che da secoli lavorano all'ombra del Vesuvio. Guardando al presente, le stime più recenti ci dicono che dai 40mila ettari di vigneti coltivati da queste parti, vedono la luce ogni anno due milioni di ettolitri di vino, con ben 70 tipologie differenti e ben 23 di origine controllata. Dal cuore dei più celebri vitigni autoctoni regionali, inoltre, nel 2004 è nata l'IGT Campania, mentre con il passare del tempo si moltiplicano gli studi sul patrimonio enologico campano, comprendente tre tipi di vitigni. I vitigni di mare, afferenti al nucleo costiero; i vitigni di fuoco, prodotti nella zona che circonda il Vesuvio, e i vitigni di terra, individuabili nelle aree più interne della regione. Tra tutti, quello più famoso è un vitigno di terra prodotto in provincia di Avellino e conosciuto come Taurasi: è unanimamente considerato il re della Vitis Hellenica, termine con il quale si identificano le viti introdotte in territorio italiano dai greci. E' forse il vitigno più complesso a livello regionale, oltre che uno dei più antichi. Nell'aversano, i vini migliori vengono prodotti con le bacche di Asprinio, la cui raccolta richiede impegno fisico e spiccate dosi di equilibrismo. Più giovane del Taurasi, introdotto nell'agro aversano da Roberto d'Angiò, l'Asprinio dà luogo ad un vino fresco, frizzante e beverino, molto apprezzato a livello regionale. Tuttavia, come abbiamo già visto, parlare di vitigni in Campania (e nel Sud Italia) senza fare accenno alle uve Aglianico, sarebbe un errore grossolano. Tale vitigno fu introdotto dai greci in occasione della fondazione di Cuma ed oggi rappresenta uno dei più importanti d'Italia, contraddistinto da un sapore tannico ed austero. Le uve sono profumate e sapide, malgrado relativamente secche. Subito dopo l'Aglianico, in ordine di importanza, possiamo parlare del Falerno, un vitigno pregiato coltivato in provincia di Caserta, introdotto ugualmente dai greci, ma particolarmente apprezzato dai Romani. Una delle ragioni per cui l'enologia campana incuriosisce turisti ed appassionati, è relativa anche alla ricchezza degli itinerari enogastronomici percorribili e al gran numero di strade del vino su cui è possibile avventurarsi. Da Avellino a Salerno, fino al confine con la Basilicata, sono numerosissime le cantine che aprono i battenti e sono pronte a portarvi nel backstage di una delle produzioni più antiche d'Italia. In pieno centro storico a Guardia Saframondi, nel beneventano, sono aperte, per esempio, le Cantine Sebastianelli, fondate nel 1972 dalla famiglia omonima, mentre è molto più giovane l'Azienda Molara Vini, situata a Luogosano (AV) ed estesa su uno stabilimento di 600 metri quadri. A Sant'Angelo a Fasanella, nel salernitano, è possibile visitare i locali e le Tenute Fasanella, e a Castel Campagnano in Squille, provincia di Caserta, infine, sorge la Fattoria Selvanova, realizzata su una splendida vallata incontaminata.