Uva di Troia

La varietà

L'Uva di Troia, molto più conosciuto con il nome di Nero di Troia, è un vitigno a bacca nera autoctono della Puglia il cui nome suggerisce l'origine dalla città di Troia, in provincia di Foggia, fondata dai coloni greci durante il periodo della Magna Grecia intorno al 700 avanti Cristo. Un'altra versione suggerisce l'origine albanese dalla città di Cruja. Una leggenda invece parla dell'eroe greco Diomede che alla fine della guerra con la mitica città di Troia approdasse in Puglia utilizzando come ancora della nave le pietre delle mura della città appena sconfitta per segnare i confini dei Campi Diomedei, piantando anche dei tralci di vite originari della sua area. La prima documentazione storica parla invece del "corposo vino di Troia" bevuto alla corte dell'imperatore Federico II di Svevia. Il vitigno era dunque molto coltivato nell'area dell'Alto Barese già intorno all'anno Mille. Agli inizi del novecento il Negroamaro, il Primitivo e il Nero di Troia, altro nome del vitigno, furono utilizzati per reimpiantare le viti dopo la crisi dell’Ottocento causata dalla fillossera, per ottenere vini pieni ed alcolici.

Oggi è molto coltivata sulla costa pugliese nel comune di Barletta e nella zona settentrionale della provincia di Bari, anche con i sinonimi di Nero di Troia, Uva di Canosa, Vitigno di Barletta, Uva di Barletta, Troiano, Tranese, Uva della Marina.

L'uva di Troia matura ai primi di ottobre. Presenta grappoli piramidali semplici o alati di grandi dimensioni e media compattezza. Gli acini sferici hanno medie dimensioni, con buccia molto pruinosa e spessa, di colore nero-violetto. L'acino è molto resistente a qualsiasi condizione climatica. Ha delle rese medio-basse, caratteristica che ne limita la coltivazione, con ottima adattabilità sia a tutti i terreni che forme di allevamento. Sopporta bene l'oidio ma ha problemi con la peronospora. Viene coltivata soprattutto nei comuni di Corato, Barletta, Andria, Cerignola, Canosa, San Ferdinando di Puglia e Trani, ed è molto antica e tipicamente pugliese.

Uva di Troia

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I vini dell'Uva di Troia

I vigneti della provincia di Bari L'uva di Troia è una varietà molto apprezzata dagli amanti dei vini alcolici con profonda densità di colore e grande personalità. La bassa produttività generale e l'impegno dei produttori ne ha notevolmente migliorato la qualità negli ultimi decenni tanto che si è ultimamente avanzata la proposta per un suo DOC con il nome di Vino Nero di Troia DOC o Terre del Nero di Troia DOC, proposta poi purtroppo naufragata. Il termine Nero suggerisce il colore del vino, quasi impenetrabile nel suo rosso rubino molto denso e fitto da apparire nero.

Dopo essere stato ampiamente utilizzato nei tagli proprio per il suo colore, l'alcolicità e il corpo che riesce ad apportare, ma grazie agli sforzi dei viticoltori e dei produttori, negli ultimi decenni si tende sempre più a vinificarlo in purezza con ottimi risultati.

I tannini sono stati smussati dall'affinamento in barrique per divenire così eleganti, anche se al palato risulta sempre austero e con una struttura molto piena. Il sapore è speziato, con sentori di legno. Il naso ha splendidi profumi di more e liquirizia, con tocchi balsamici e a volte erbacei che possono tramutarsi in odori primari nei prodotti meglio lavorati. Anche se non ha ancora una sua denominazione l'Uva di Troia è protagonista nel Castel del Monte DOC, nel Cacc'e Mmitte di Lucera , nel Canosa Rosso DOC, nel Cerignola DOC, nel Puglia IGT e nel Daunia IGT.


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I produttori

Il Nero di Troia è molto usato in provincia di Bari sia in assemblaggio che in purezza. Un ottimo Rosso IGT viene prodotto ad Alberobello da Albea, con il Lui da 13,5% vol dal colore nero rubino e i bei sentori di visciola, erbe aromatiche, liquirizia e cacao chiusi da tocchi balsamici eleganti. Un palato pieno e strutturato esprime sapori prima fruttati e poi tostati. Un vino perfetto per la Châteaubriand.

Ottimo anche l'IGT Angelo Primo di Cantine Paradiso, questa volta in assemblaggio con il 40 per cento di Negroamaro, per un rubino più sfumato tendente al porpora. Il naso è ben complesso e spazioso con profumi che vanno dalle ciliege sotto spirito alle spezie dolci. Palato più fresco, vellutato, ma sempre pieno di corpo e con tocchi balsamici, da associare alla tacchinella al melograno. Il loro Nero di Troia in purezza è invece un gradino più sotto. Il Belmantello si veste ancora di un rubino fitto, con frutta rossa di bosco matura preponderante. La bocca è più equilibrata e i tannini più sfumati, per associazioni con il capriolo al vino.

Di gran fattura invece il Le Cruste IGT di Alberto Longo, con il vitigno in purezza che raggiunge i 14% vol. Impenetrabile, con il naso pieno di more e ribes nero, seguito dalla rosa canina e dalle spezie. Il palato è dotato di tannini strutturati, forte e caldo. Deve accompagnare piatti ricchi come l'arrosto di maiale.

In purezza viene vinificato anche da Santa Lucia nel suo Castel del Monte Le More Riserva DOC, sempre di 14% vol e dalle profonde sensazioni di more, con noce moscata e tabacco a seguire. In bocca ha un lungo finale, e risulta comunque morbido e fresco. Ottimo con le carni di pecora elaborate. Sempre da Salta Lucia abbiamo anche il Castel del Monte Vigna del Melograno, un'altra vinificazione in purezza dai colori tendenti al porpora. Il naso conserva ottimi e profondi aromi di frutti di bosco e noce moscata mentre al palato i tannini si strutturano e avvolgono il degustatore. Ottimo con i prosciutti.




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